di Alessandro Barbero
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È l’autunno del 376 dopo Cristo. Le rive dell’Ister, il Danubio, sono affollate. Si vedono uomini biondi di alta statura. Hanno i capelli lunghi, sono armati. Dietro di loro si muovono donne e bambini e decine di carri trainati da buoi o da cavalli. I Romani li chiamano “ barbari”, loro si definiscono Goti. Tervingi, per la precisione. Fuggono dalla guerra come i migranti dei nostri giorni e cercano protezione.
Col tempo, Adrianopoli è diventata un simbolo, una specie di spartiacque della storia. Nella sconfitta di Valente, infatti, c’è chi vede l’inizio della fine per l’impero romano d’Occidente. I “barbari” infatti si spingeranno sempre più a ovest ( in questo assecondati dagli imperatori orientali, ben felici di toglierseli dai piedi) fino ad arrivare a Ravenna e a Roma. Per alcuni addirittura il Medioevo comincia lì, nel tardo pomeriggio di quella torrida giornata estiva, in cui la cavalleria dei Goti ebbe la meglio sulla fanteria romana. Le cose non stanno esattamente così. Ci vorrà ancora molto tempo prima di un cambiamento effettivo, ma sicuramente Adrianopoli contribuì ad accelerare il processo.
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